Ho iniziato a frequentare la SG circa 4 anni fa. Era un periodo della mia vita molto particolare, perchè a causa di alcuni disaccordi con la mia famiglia in merito ai miei studi, mi ritrovai a dover fare due lavori per mantenermi le rette universitarie, i libri e l'affitto. Lavoravo di notte (in un posto) e di giorno (in un'altro) e nel tempo che rimaneva dovevo studiare. Tutta questa situazione cominciava a stancarmi, i soldi non bastavano, nel frattempo la stanchezza diventava sempre più imponente. Un giorno, mentre ero al lavoro ne parlai con una mia collega, la quale mi invitò a partecipare ad una delle loro riunioni, spiegandomi i “principi” (fittizi) sulla quale era basata la soka. Fu interessante, avevo sempre pensato che la religione dovesse essere un mezzo per aprire le menti e dal suo punto di vista (totalmente invasato) questa era una pratica a me confacente. Iniziai a frequentare gli zadankai, non con grande costanza ma provai ad impegnarmi, per me era uno sforzo trovare il tempo per la pratica durante la giornata. Nel frattempo un paio di persone iniziarono ad appiccicarsi addosso alla mia vita, sempre disponibili ad aiutarmi, presenti e materni mi circondavano di quelle attenzioni che non trovavo nemmeno dalla mia famiglia. Una di queste una sera mi disse di pensare al fatto di diventare membro, “in fondo hai visto quanti vantaggi porta avere risvegliato il Buddha che c'è in te”. Ed era vero, finalmente dopo un lungo periodo di grossi sacrifici riuscivo a tornare a casa e trovare la cena pronta (perchè me la preparavano – questa persona aveva le mie chiavi di casa), qualche lavatrice stesa o qualche maglietta stirata, neppure il mio fidanzato era così disponibile. Fra me pensavo di aver trovato la famiglia che mi era sempre mancata e decisi di ricevere il gohonzon. Fu pesantissima la preparazione, tornavo a casa alle 6 dal lavoro e alle 6:30 dovevo andare a recitare dall'altra parte della città (non ho la macchina, mi sposto con i mezzi pubblici), lo stesso la sera appena uscita dall'ufficio, via di corsa per recitare. Fortunatamente questo tour de force durò solo un mese, poi ricevetti la mia pergamenina sacra in grado di darmi la forza necessaria per poter risolvere tutti i problemi della mia vita. Decisi di prendermi delle ferie la settimana successiva alla ricevuta del gohonzon, ero dimagrita di 15 kg nel giro di 4 mesi, mi rendevo conto della necessità di prendermi del riposo. Passai tutta la settimana a dormire (non potendo permettermi di andare in qualche posto), decisi che la cosa più importante al momento era recuperare il più possibile le forze. Ovviamente recitavo dopo essermi svegliata, che fossero le 11 del mattino o le 4 del pomeriggio, non mi presentai però alle riunioni. Iniziarono ad arrivare le prime critiche, “il gohonzon ha la priorità” “non stai proteggendo la tua vita” “è prioritaria la pratica al tuo sonno” “il riposo non ti dà i benefici della pratica” e via dicendo. Non me la presi più di tanto, mi sentivo stanca e immaginavo che alla mia vita avrebbe fatto più piacere se mi fossi riposata e così feci. Un venerdì mattina alle 7 la mia amica si presentò a casa mia con uno spiacevole esordio: “forse ti devo ricordare che la pratica con i compagni è importante e non puoi concederti il lusso di prenderti una pausa perchè tu sei stanca, dopo solo alcuni giorni dal dono del gohonzon per lo più”. Ero notevolmente seccata, ma pensavo che l'adozione di questo suo comportamento fosse per il mio bene, quindi non ribattei. La settimana successiva tornai alla mia routine, aumentata di un nuovo impegno nei miei confronti e dei miei compagni di culto. Era naturale che non sempre ce la facessi a praticare, la mia giornata come quella di tutti durava 24 ore e ne avevo circa 15 di lavoro senza un giorno di riposo, a parte nei weekend, dove lavoravo solo in un locale. Ero tenuta d'occhio, non potevo avere il privilegio di adattare la religione alla mia vita, doveva essere il contrario e iniziarono a rimproverarmi sempre di più. Io non ero mai soddisfatta, mi sentivo male perchè non riuscivo a praticare correttamente, a studiare, lasciai il mio fidanzato perchè “non capiva” e così la mia vita sociale già inesistente era arrivata al punto di ruotare solo attorno a quelli della soka. Ero sempre più esausta e iniziai a pensare a cosa fosse il meglio per me. Ne parlai con la mia amica, mi rispose che l'impegno preso col gohonzon era per la vita, di non seguire i consigli di chi non fosse un fedele, perchè non essendo risvegliato dal sonno della vita, non poteva capire quanto potente fosse la mia pratica. Ero invitata a pazientare, a perseverare nella preghiera, a sacrificare i miei desideri nei confronti di qualcosa di più ampio, ovvero la mia realizzazione in tutto. Secondo lei presto sarebbe terminato questo mio piccolo calvario, perchè il gohonzon mi avrebbe premiato di tutti gli sforzi. E così fu. Un giorno non riuscii ad alzarmi dal letto per dei dolori al ventre che di facevano sempre più forti al punto di non avere più l'appoggio delle gambe e finii in ospedale per un'emorragia. Il riposo era coatto, non c'erano alternative. La mia amica e gli altri membri mi vennero tutti a trovare, dispiacendosi del fatto, giustificandolo che se mi ritrovavo in quella condizione era per un motivo ben lecito, ovvero la mia poca e incostante fede. “Il gohonzon dà e il gohonzon prende, è ora che analizzi bene ciò che vuoi per la tua vita, se non puoi praticare almeno dedicati allo zaimu per riscattare un po' della tua vita” e iniziarono a farmi i conti in tasca chiedendomi quanto prendevo, quanto spendevo, dove, come, cosa e perchè. Non ne potevo più, stavo male ero avvilita, mi sentivo sola e non potevo più lavorare per alcuni mesi... la mia unica preoccupazione era sbarcare il lunario. Avevo l'affitto e le tasse da pagare, dovevo risparmiare i soldi per le rette e i libri, dovevo mangiare e quando proprio i miei abiti erano lisi, dovevo acquistarne di nuovi. Non ce l'avrei mai fatta. Non ne parlai con nessuno, passai alcuni giorni all'ospedale scrivendo su un quadernino tutti i miei problemi, tutta la mia vita e cosa dovevo cambiare per avere più cura di me. Scrivendo e poi rileggendo tutto quello che era stato impresso a penna mi resi conto che la pratica era dappertutto e qualcun altro “per il mio bene” decideva per me... E rabbrividii. La SG era presente in qualsiasi momento della mia giornata, al lavoro, a casa, tra le mie amicizie, decideva ciò che era meglio per me, mi misi a piangere, mi sentivo un automa e dovevo assolutamente allontanarli tutti. Appena uscita dall'ospedale mi recai in ufficio per dare le mie dimissioni, mi inventai che la mia famiglia grazie alla pratica si era avvicinata nuovamente a me ed aveva deciso di darmi una mano. Loro mi dissero che se avessi avuto bisogno quel posticino per me ci sarebbe sempre stato. In realtà sospesi i miei studi, in modo tale da riuscire a sopravvivere per qualche mese (con i soldi risparmiati per rette e varie) senza lavorare e per riprendermi sia mentalmente che fisicamente. Mi rendevo conto di doverli allontanare fisicamente ancora di più e non vedevo alternative se non il cambiare città o quartiere, diedi la disdetta della mia stanza alla padrona di casa. Avevo organizzato tutto in maniera tale da sparire dal loro raggio nel giro di poco e ce la feci. Nel frattempo non recitavo più, non rispondevo alle loro chiamate e avevo fatto cambiare la serratura di casa. Ovviamente ero tempestata di messaggi intimidatori per quello che stavo facendo ma me ne fregavo, volevo solo stare bene... così cominciai a cestinarli prima ancora di leggerli. Mi sentivo meglio, piano piano ero ritornata ad avere il controllo su tutte le mie cose. Temevo solo di rivederli, temevo la loro “inquisizione”, non volevo ritornassero a manovrare la mia vita. Passati i tre mesi dalla disdetta mi spostai per un paio di settimane da mia sorella, a circa 30 km da casa mia, il tempo necessario per riuscire a trovare una nuova casa. Trovai fortunatamente casa e un lavoretto in un negozio, avevo una buona paga e lavoravo su turni, non avrei più fatto due lavori... l'ideale per i miei studi. Cambiai numero di telefono e tutti luoghi che frequentavo, università compresa. Sono passati 3 anni da quell'incubo...

 

Saha

 

 

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